Agli inizi degli anni ’70 si concretizzava un forte sviluppo per rendere uniforme
la lettura delle carte geografiche. Questo movimento aveva il suo massimo riconoscimento nel congresso internazionale di cartografia a Stresa.
L’avvento della cartografia digitale, dei sistemi di georeferenziazione satellitare
e della esecuzione cartografica fatta da parte di grafici ha portato a differenziare non solo a livello nazionale, ma anche locale l’uso dei simboli, dei caratteri e
del colore.
Guardando una tavoletta al 25.000 dell’IGM di Firenze il lettore poteva comprendere tutto il territorio e poteva muoversi in sicurezza. Non pretendo arrivare alla finezza di usare idronomi inclinati a sinistra per l’acqua salata e a destra per l’acqua dolce, ma almeno di mantenere una certa uniformità di linguaggio cartografico in modo che la carta sia facilmente comprensibile agli utenti di ogni parte del mondo.
Fra i tanti esempi, mi è capitata fra le mani una cartina geologica della pianura padana: è indubbio che l’impatto grafico di un bel rosso acceso dava attrazione alla carta. Purtroppo in geologia rosso significa rocce vulcaniche effusive acide mentre in pianura Padana siamo in presenza di alluvium segnato con colori paglierini e sigle per identificare il periodo.
Per questi motivi, fra i tanti, bisognerebbe tornare ad educare chi si occupa
della stesura delle carte sui principi della cartografia. Innovare è bello, mantenendo però il lavoro entro i canoni del comune senso cartografico.
Giovanni De Agostini
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